Il blu pastello che nel medioevo ammantò di una ricchezza leggendaria il paese della Cuccagna torna a tingere le lane più preziose, e sfila in passerella con il marchio Cains Moore. La presentazione è avvenuta a Misano Adriatico, in occasione dell'evento di Confindustria Giovani “Italy in Circuit” che affianca la tappa di MotoGp.
Nella serata di gala Cains Moore ha realizzato una sfilata ispirata all’economia circolare di cui si discuteva, accendendo i riflettori sull’intramontabile girocollo blu di cashmere e su una collaborazione che può far scuola: la sinergia tra la manifattura, che vanta settant’anni di tradizione, con costante evoluzione produttiva e la vicina filatura Cariaggi che utilizza l’antica e ricca tintura che garantisce una vasta gamma di tonalità, dall'azzurro cielo al turchese, al blu cobalto.
Il pigmento è estratto da una pianta biennale, il gaudo appunto, che dopo secoli è tornato ad essere coltivato nelle campagne del Montefeltro; è il principale elemento di una linea di filati biologici con un processo di tintura completamente privo di sostanze chimiche, ottenuta esclusivamente a partire da elementi vegetali per infusione di bacche e radici.
Impieghi nell’antichità
Nel De bello gallico, scritto intorno al 50 a.C, Giulio Cesare descrive i guerrieri Celti come uomini colorati di blu:
"Omnes vero se Britanni vitro inficiunt, quod caeruleum efficit colorem"
(Tutti i britanni, poi, si tingono col gaudo, che produce un colore turchino, e perciò in battaglia il loro aspetto è ancora più terrificante)
Il gaudo veniva usato dai Celti per tatuare i loro guerrieri, Lo scopo di questa usanza bellica era quello di incutere timore nei nemici. I britanni producevano la pasta colorante facendo bollire foglie secche di gaudo; una volta ottenuto l'impasto colorato lo fissavano sulla pelle con l'ausilio di un ago.
Centro del commercio del Blu Gaudo
Il Montefeltro costituisce un'importante area geografica nella storia del gaudo. Tra il XIV ed il XVII secolo il commercio di questo prezioso prodotto diede un forte impulso allo sviluppo economico e sociale della regione che ben presto divenne rinomata in tutta Europa, quale principale centro di produzione e commercio.
La lavorazione del gaudo ha caratterizzato l'economia montefeltrina dell'epoca raggiungendo 45 mulini di questo colore. Nel Montefeltro, infatti, si svolgeva tutto il ciclo produttivo: la coltivazione delle piante, la macinatura delle foglie, l'estrazione del pigmento, la tintura delle fibre, la cardatura e la filatura.
Pittura rinascimentale
Durante il Rinascimento il gaudo trovò un’infinità di impieghi nel campo delle arti. Si usava il gaudo per decorare i manoscritti, per dipingere acquerelli ed affreschi, e per le decorazioni della terracotta. Leonardo, Raffaello e gli altri artisti rinascimentali lo utilizzarono nei loro dipinti poiché il colore ricavato dal guado era molto resistente alla luce.
Il ritorno del Gaudo
Il commercio del gaudo ebbe nuova fortuna durante l’epoca napoleonica. Napoleone, infatti, scelse il guado per tingere le uniformi del suo esercito, ciò in virtù dell’estrema versatilità del colorante che è adatto alla tintura di tutti i tipi di tessuti, da quelli più modesti a quelli più preziosi.
A partire dal 1806 emise una serie di decreti diretti a colpire l’economia, si vietava l’approdo delle navi inglesi in tutti i porti soggetti al dominio francese e veniva vietata l’importazione di alcune merci, tra cui quelle coloniali, considerate come provenienti dall’Inghilterra. Uno degli effetti di tali misure, note nel loro insieme come Blocco o Sistema Continentale, fu l’arresto delle importazioni di indaco. Napoleone propose quindi di riprendere la coltivazione del gaudo. Egli fece redigere dei disciplinari per la produzione del colorante e nel 1811 istituì un premio a livello nazionale allo scopo di incentivare e promuovere la coltivazione del gaudo.